23 Nov
  • Da Felice Moscato
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Plasma iperimmune. Le FAQ del Centro Nazionale Sangue online.

Il Centro Nazionale Sangue , l’organo tecnico scientifico di consultazione presso il Ministero della Salute con funzioni di coordinamento e controllo del sistema trasfusionale, ha voluto rispondere alle tante domande sull’utilizzo del plasma iperimmune per contrastare il Sars-CoV-2. Sul proprio sito on line da pochi giorni sono presenti le FAQ su chi può donarlo, su come donarlo e dove donarlo regione per regione. Il Centro, inoltre, ha precisato che “Al momento non ci sono evidenze scientifiche conclusive sull’efficacia e la sicurezza di questa terapia e pertanto essa è da considerarsi al momento sperimentale. L’eventuale efficacia della stessa potrà essere dimostrata solo dai risultati di studi clinici che mettano a confronto pazienti trattati con plasma iperimmune e pazienti trattati con altra terapia, ovvero i cosiddetti trial clinici randomizzati”.

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Cos’è e come funziona la terapia con plasma iperimmune?

La terapia con plasma da soggetti convalescenti prevede il prelievo da persone guarite dal Covid-19 e la sua successiva somministrazione a pazienti affetti da COVID-19.

Il candidato donatore dovrà rispondere ai requisiti per l’idoneità previsti dalla normativa trasfusionale e a requisiti specifici per il Sars-CoV-2 per poter donare plasma iperimmune. Sarà il medico responsabile della selezione del donatore ad esprimere il giudizio d’idoneità alla donazione di plasma iperimmune, analogamente a quanto avviene in tutti i casi di donazione di sangue o emocomponenti.

Prima della somministrazione il plasma iperimmune viene sottoposto ad una serie di test di laboratorio, anche per quantificare i livelli di anticorpi “neutralizzanti” (il cosiddetto “titolo”), e a procedure volte a garantirne il più elevato livello di sicurezza per il ricevente.

La trasfusione è utilizzata per trasferire questi anticorpi anti-SARS-CoV-2, sviluppati dai pazienti guariti, a quelli con infezione in atto che non ne abbiano prodotti di propri. Gli anticorpi (immunoglobuline) sono proteine coinvolte nella risposta immunitaria che vengono prodotte dai linfociti B in risposta ad una infezione e “aiutano” il paziente a combattere l’agente patogeno (ad esempio un virus) andandosi a legare ad esso e “neutralizzandolo”. Tale meccanismo d’azione si pensa possa essere efficace nei confronti del SARS-COV-2, favorendo il miglioramento delle condizioni cliniche e la guarigione dei pazienti.

La terapia è efficace contro il Sars-CoV-2?

Il plasma da soggetti convalescenti è stato utilizzato in un recente passato durante le epidemie di SARS nel 2002 ed Ebola nel 2015, e negli ultimi mesi sono stati pubblicati su diverse riviste scientifiche i risultati di alcuni studi clinici internazionali ed italiani. Inoltre, diverse sperimentazioni cliniche in corso nel mondo stanno cercando di verificare se la terapia con il plasma iperimmune sia efficace.

Al momento non ci sono, però, evidenze scientifiche conclusive sull’efficacia di questa terapia e pertanto essa è da considerarsi al momento sperimentale. L’eventuale efficacia della stessa potrà essere dimostrata solo dai risultati di studi clinici che mettano a confronto pazienti trattati con plasma iperimmune e pazienti trattati con altra terapia, ovvero i cosiddetti “trial clinici randomizzati”.

La trasfusione con plasma iperimmune è sicura?

Sebbene i dati delle sperimentazioni scientifiche sembrino evidenziare un buon livello di sicurezza della terapia con plasma iperimmune da persone guarite dal Covid-19, occorre sottolineare che, come tutte le procedure che implicano la trasfusione di sangue umano, la trasfusione di plasma iperimmune non è priva di rischi.

In Italia si raccoglie il plasma da convalescente? 

Al momento il Centro Nazionale Sangue, nel suo monitoraggio periodico aggiornato al 19 novembre, ha censito 4.325 sub-unità di plasma iperimmune donato da pazienti guariti dal Covid-19, raccolto da 134 servizi trasfusionali distribuiti su tutto il territorio nazionale. La cifra comprende sia le unità di plasma di cui è stato verificato il ‘titolo’, la quantità cioè di anticorpi neutralizzanti presenti, sia quelle su cui questo tipo di analisi verrà effettuata nel momento dell’utilizzo.

Perché non si titolano tutte le unità raccolte?

La determinazione del titolo degli anticorpi “neutralizzanti” è necessaria soltanto per il plasma iperimmune che viene utilizzato nell’ambito degli studi sperimentali, come ad esempio lo studio nazionale italiano “TSUNAMI”, che richiedono espressamente un titolo minimo, mentre per tutti gli altri utilizzi non è richiesto. Altri studi condotti in diversi Paesi non hanno inserito un titolo minimo tra i requisiti per il plasma. Gli stessi metodi per determinare il titolo non sono standardizzati, ma ogni struttura decide autonomamente come effettuarli. Al momento, non ci sono evidenze scientifiche che indichino una “quantità minima” di anticorpi neutralizzanti in grado di garantire l’efficacia della eventuale terapia con plasma iperimmune.

Serve una procedura particolare per donare il plasma iperimmune?

La donazione di plasma iperimmune non prevede procedure peculiari, e può essere effettuata in tutte le strutture che già sono predisposte per la normale donazione di plasma. Anche per la conservazione non sono richieste modalità particolari, e lo stoccaggio può avvenire nelle comuni banche del sangue, non è necessario averne una dedicata.